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    UCEI: Siamo ancor più determinati a far valere il nostro progetto

    So che in molti si aspettano di sentire la mia opinione su quanto successo ieri al Consiglio Ucei e sulle scelte che la Comunità ebraica di Roma, nella lista che maggior parte la rappresenta, intende portare avanti. 

    Parto da lontano. Quando venne approvato questo Statuto ero d’accordo sulla formula che avrebbe tutelato le piccole comunità a discapito della rappresentanza numerica. Ritenevo legittima la preoccupazione che Roma e Milano avrebbero reso superflua nella votazione il peso delle piccole comunità e seguendo dei principi ebraici questo non sarebbe stato giusto. Siamo ebrei perché abbiamo la responsabilità l’uno dell’altro e io e la mia lista ci sentiamo quella di ogni ebreo, non solo di quelli che vivono nel raccordo anulare. Sentiamo il peso della condivisione che ci ha portato a accettare un sistema che si basava su un patto morale che non è stato rispettato dalle piccole comunità e dalla minoranza di Roma e Milano. Questo lo sapevamo anche la scorsa volta quando Noemi Di Segni è diventata Presidente con un voto di differenza ed eravamo pronti ad accettarlo anche questa volta nonostante fossimo certi che questo non fosse il metodo migliore. Lavorare insieme era l’unica via possibile per garantire stabilità ed è l’unica richiesta di cui ci siamo fatti portatori. 

    Questa volta Noemi Di Segni non l’ha voluto. Ha scelto di essere Presidente a scapito di un modello che si reggeva su un precario equilibrio e con l’intenzione di dividere l’ebraismo italiano. Professando l’inclusione ha finito per escludere.

    Così Noemi Di Segni è formalmente la Presidente, a lei i miei complimenti, ma non mi si dica che sia “il Presidente di tutti”. Non si possono fare confronti con le elezioni di Roma e Milano dove invece il risultato delle elezioni è determinato in maniera chiara ed inequivocabile dal consenso popolare e dall’indicazione diretta del Presidente a maggioranza e non in una formula artificiale e tecnica come in Ucei. Saremo rispettosi dei ruoli, ma è certo che nel prossimo Consiglio di Roma apriremo una discussione per capire se ha ancora senso la nostra presenza in Ucei se la maggioranza degli elettori di Roma deve essere trattata in questo modo. Discussione che estenderemo ad altre liste escluse a Roma nonché a Milano ed alla sua attuale dirigenza con cui condividiamo il destino. 

    La “maggioranza” che oggi guida l’Ucei è responsabile di questa divisione a cui non si era mai arrivati prima. Era stato un segnale chiaro e pericoloso l’esclusione di Rav Arbib dalla Consiglio Ucei. Mai nella storia sono stati esclusi dal Consiglio uno tra i rabbini di Roma o Milano. Era però il segnale politico che si voleva mandare a chi la pensava in un certo modo. 

    Noi continueremo a essere rispettosi delle regole, sapendo che rappresentatività e rappresentanza sono due cose diverse e lo faremo con i principi ebraici che i nostri rabbanim ci insegnano ogni giorno. Per noi sono il faro morale, per altri un pericolo da allontanare dal Consiglio delle Comunità Ebraiche.

    La situazione ci rende ancora più determinati a far valere le nostre idee e priorità. Ringrazio perciò nuovamente coloro che hanno espresso una scelta, che hanno creduto in un modello e nelle persone che lo rappresentano. Il largo consenso ricevuto durante le scorse elezioni ci impone di lavorare ancora di più per portare avanti con orgoglio e fierezza il nostro progetto di un futuro veramente ebraico a Roma e nel resto d’Italia.

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