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    Spirlì su Mussolini e il peso delle parole

    A seguito delle dichiarazioni del presidente facente funzione della Regione Calabria Nino Spirlì su Mussolini, Shalom ha chiesto un’opinione allo storico Umberto Gentiloni

     

    Immancabile a ogni tornata elettorale si affaccia il giudizio sul fascismo “buono”, sulle diverse facce del regime, sulle valutazioni positive di pagine di un passato consegnato alle riflessioni degli storici. Questa volta il candidato vice presidente della regione Calabria, Nino Spirlì, si è avventurato in distinguo e considerazioni azzardate sui risultati invidiabili e positivi che il regime avrebbe conseguito in ambiti e contesti variegati: promotore di rivoluzioni sociali, di cambiamenti diffusi, di spinte a una modernizzazione efficiente e avanzata. Nulla di nuovo, il solito occhiolino strizzato alle componenti più estreme e nostalgiche, in cerca d’identità, ambito serbatoio di voti facili. Vale la pena richiamare tre aspetti della vicenda di ieri: 1. Il giudizio storico ha da tempo consolidato le riflessioni sul fascismo, sul ruolo di Mussolini, sulla parabola del regime. Nonostante si cerchi di proporre paradigmi azzardati (per non dire di peggio) sui tornanti buoni del regime, sulle contraddizioni presunte tra violenza squadrista e consenso sociale, sulla distanza tra le leggi razziali del 1938 e una non meglio definita dimensione da movimento, il giudizio sul fascismo ha già sedimentato studi, interpretazioni, punti fermi ben documentati. 2. Le parole sono importanti, qualificano il dibattito pubblico e gli atteggiamenti di chi le propone. Ci vuole attenzione, rigore, capacità di ascolto e di analisi. Se prevale il calcolo strumentale, l’idea che con qualche ammiccamento interessato si possa aumentare il proprio gruzzoletto di consensi la politica s’impoverisce, diventa un’arena senza contenuti qualificanti e perimetri condivisi. 3. In questi anni troppo spesso la storia viene trasformata (anche attraverso il cattivo uso o l’abuso di parole) in un menu à la carte dal quale scegliere cosa sia più conveniente o utile in un dato momento. Così facendo rischia di smarrirsi il significato del passato come spazio condiviso, il contesto con le sue complessità, la ricchezza di un percorso che unisce generazioni d’italiani nella ricerca di risposte alle sfide del nostro tempo.

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