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    Il dialogo di David Grossman con Maurizio Molinari. La forza della parola e la speranza di rinascita

    Si è
    tenuta domenica a Taormina l’undicesima edizione del Taobuk Award for litterary excellence con
    ospite David Grossman. Lo scrittore ha tenuto un interessante dialogo con
    Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, in cui partendo dal suo ultimo
    romanzo “Sparare a una colomba” (Mondadori) ha attraversato
    interessanti argomenti legati alla società Israeliana  da sempre
    multiculturale e ricca di diversità. Dalla politica, reduce di un nuovo governo
    e sempre divisa dal conflitto che non sembra accennare ad una pace imminente,
    alla società che muta, fino a giungere alla letteratura di cui Grossman è da
    anni una voce autorevole. Una delle colonne portanti della narrativa
    israeliana, noto anche per il suo impegno civile, Grossman rappresenta assieme
    ad Amos Oz,  la voce attraverso cui Israele ha aperto un varco con il
    mondo e ha per anni dialogato con esso attraverso la sua letteratura. “Vedi
    alla voce amore” (Mondadori), “Che tu sia per me il coltello” (Mondadori) e “La
    vita gioca con me” (Mondadori) sono solo alcuni dei titoli che l’hanno reso
    celebre e molto amato in Italia. Lo stesso autore dichiara di intrattenere una
    relazione molto intima con il nostro paese che da sempre lo ispira nella
    produzione delle sue opere. Ha spiegato, rispondendo ad una domanda di
    Molinari, che molti anni fa aveva provato la sensazione di “…sentirsi a casa in
    Italia…” durante un viaggio a Venezia assieme alla moglie, Michal. L’incontro
    nella suggestiva cornice Siciliana del teatro antico di Taormina, e il festival
    letterario Taobuk, cui già era stato ospite nel 2005, hanno
    rappresentato un’ottima occasione per ricongiungere la letteratura al bel paese
    cercando di tracciare un profilo della situazione odierna in Israele, alle sue
    opere e al grande lavoro di traduzione che c’è dietro, ma non solo. Lo
    scrittore ha parlato anche di sé, di suo figlio Uri, caduto nella guerra del 2006
    in Libano, e della memoria: a proposito di un cortometraggio titolato Field
    Marshal, che l’autore fece in memoria di suo figlio per il Beit Avi Chai di
    Gerusalemme, Grossman ha infatti detto “…Ho cercato di non congelare il ricordo
    ma di rivitalizzarlo. Di dare a questo ricordo sempre una nuova vita.
    L’animazione permette anche ai morti, che di fatto sono morti, di tornare in
    vita, attraverso essa si muovono di nuovo”. La memoria sembra assumere un ruolo
    predominante per lo scrittore, che ha risposto commosso alla domanda di
    Molinari, circa la centralità di quest’ultima nella sua produzione; facendo
    riferimento sia alla memoria storica, importante per definire l’identità di un
    paese, quanto quella personale in grado di dare voce e forma al dolore attraverso
    la scrittura.  

    Attraverso le parole si è cercato di far luce sul ruolo che gioca la
    letteratura nei confronti del mondo, l’impegno civile e sociale cui la
    letteratura guarda da sempre, la parola diffonde speranza. Lo scrittore del
    resto da sempre si fa portavoce di un messaggio di pace che traduce
    magistralmente all’interno delle sue opere. Tra i temi trattati anche la
    ripartenza ha interessato il dialogo, più nello specifico il tema della
    metamorfosi. Grossman ha raccontato come la situazione Covid19, da cui Israele
    sembra rialzarsi prima di altri paesi grazie al successo della campagna
    vaccinale, e la successiva ripartenza abbiano influenzato la mentalità
    israeliana da sempre dinamica e vota al cambiamento. Un momento e una sfida
    importante quella che fronteggia lo stato ebraico ora, il momento di tirare le
    somme e comprendere come l’esperienza pandemica abbia cambiato la società che
    Grossman stesso ha definito in periodo di Covid “…Claustrofobica”. La
    speranza soprattutto che questo evento possa aver spinto il singolo alla
    riflessione, per guardare al “nemico” con una maggiore consapevolezza. Molinari
    ha condotto un dialogo armonico in cui la storia personale e le vicende sociali
    sono state in grado di viaggiare sinergicamente dipingendo un affresco vivido e
    realistico. Davanti ad un pubblico in religioso silenzio, rapito dalle parole
    dello scrittore, lo stesso direttore di Repubblica, Molinari, ha detto“…bello
    ascoltare le sue parole, come leggere le sue pagine…”

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