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    Il piano di pace di Trump per il Medio Oriente. Nessuno lo conosce, ma già lo boicottano

    Mentre è stato annunciato per giugno il piano di pace di Trump per il Medio Oriente, che magari slitterà ancora un po’, ma non oltre l’inizio di settembre, quando si aprirà la campagna elettorale americana, già si aprono le grandi manovre per sabotarlo. Negli ultimi giorni sono usciti due appelli  contro di essi. Uno è stato firmato da d’Alema e da 36 altri ex governanti europei, tutti conclamati nemici di Israele con l’ex primo ministro svedese Bildt, l’ex ministro degli esteri tedesco Gabriel, il suo omologo spagnolo Solana e si sono infilati disgraziatamente anche un ebreo (ma soprattutto un fedele ultrasinistro) come l’inglese David Miliband e una persona stimabile come Davide Frattini. In Italia, oltre ai siti specializzati l’ha pubblicato solo Repubblica. Vale la pena di leggerne il sarcastico commento di Manfred Gerstenfeld qui http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=360&id=74406 . L’altro appello (che si trova qui: https://israelpolicyforum.org/2019/04/12/letter-to-president-trump-on-west-bank-annexation/ ; una critica molto tagliente è https://jewishwebsite.com/opinion/why-us-jewish-leaders-have-a-problem-with-netanyahu/41402/ ) è stato firmato dalle organizzazioni ebraiche conservative e reform americane e da qualche altro fra cui purtroppo anche l’Anti Defamation League, che a lungo è stata un importante strumento di autodifesa pubblica dell’ebraismo americano.

     La prima cosa da notare è che le due dichiarazioni sono molto simili, per scopo e argomentazioni. Già il fatto che alcune delle più importanti numericamente fra le organizzazioni ebraiche americane (cioè del paese più importante del mondo e di quello in cui ci sono più ebrei dopo Israele) siano perfettamente in sintonia per tempi, motivazioni e argomenti con i politici europei più ostili a Israele è una cosa che deve far riflettere e preoccupare. Ma vi è un altro tema da notare, che non riguarda solo i firmatari di questi documenti. C’è una coazione a ripetere ricette e slogan che sono serviti per sistemare i rapporti con Egitto e Giordania ma non hanno mai funzionato coi palestinisti: “pace subito”, “due stati”, “pace in cambio di terra”. La ragione è semplice: le organizzazioni “per la liberazione della Palestina” non vogliono la pace con Israele ma la sua eliminazione. Il piano di Trump cerca di uscire da questi riflessi condizionati. Non sappiamo se funzionerà, anche perché non lo conosciamo. Ma attaccarlo preventivamente, se non l’odio per Israele segnala una paura del nuovo, che promette solo nuovi disastri.

     

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