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    La storia di Arie Schek: insieme alla Brigata Ebraica per la Liberazione

    “Noi siamo fieri della Brigata Ebraica, ed è giusto, perché fu un corpo combattente, con la propria bandiera col Maghen David e le proprie insegne, che contribuì alla liberazione dell’Italia del Nord, combattendo molto bene sul fronte adriatico e in Emilia, al costo di parecchi morti. Ma bisogna sapere che questa è soltanto una parte, anche una parte relativamente piccola, della storia  dell’impegno militare degli ebrei contro il nazismo.”  

     

    Eugenio Schek, curatore e Gabbai della sinagoga Beth Shlomo di Milano, che ospita un piccolo museo della Brigata Ebraica, è figlio di uno dei volontari che si arruolarono nell’esercito britannico per combattere Hitler e racconta a Shalom questa storia.

     

    “Lei sa quanti ebrei parteciparono  come volontari alla guerra contro Hitler nei diversi eserciti, soprattutto quello britannico, americano e sovietico e fra i partigiani? Erano 1.750.000, di cui morirono circa 250.000. Tantissimi per un popolo di 13 milioni, esclusi i prigionieri nei campi e coloro che furono sterminati. Da Israele partirono in 40 mila, di cui alla fine 5 mila costituirono la Brigata Ebraica. C’è un nuovo museo in Israele, a Latrun, che racconta questa storia. Gli inglesi diffidavano degli ebrei, avevano paura che imparassero a difendersi anche in relazione al conflitto con gli arabi e magari contro di loro. Rifiutarono quindi a lungo le richieste della Federazione Sionista di costituire un corpo militare autonomo. Fu costituito anche un “Reggimento palestinese” composto da ebrei e arabi, i quali però ben presto disertarono. Gli ebrei erano radunati in unità più piccole, cioè compagnie, che avevano però la stella di Davide fra le insegne. Inoltre li dispersero per vari fronti. In parte li li lasciarono a difendere il Mandato Palestinese, che era minacciato dalle forze dell’Asse. Non tutti sanno che Tel Aviv e Haifa furono bombardati dall’aviazione italiana e che un sommergibile fu affondato davanti alla costa di Israele”.

     

    E gli altri?

    “In parte furono mandati in Africa, in parte in Siria e nell’Iraq. Fra questi c’era anche un certo Moshé Dayan, che perse l’occhio in quella campagna. In parte furono utilizzati in Grecia e in Italia. Una nave che doveva portare i soldati un’intera compagnia ebraica dall’Africa a Malta per partecipare poi allo sbarco in Sicilia fu affondata da aerei tedeschi, che poi mitragliarono in mare i sopravvissuti al naufragio.”

     

    E com’è che si costituì la Brigata Ebraica?

    “Fu Churchill, che era favorevole al sionismo a proporla al governo britannico, dopo molti anni di insistenze da parte sionista. Fu istituita alla fine del ‘44, addestrata dalle parti di Roma e poi mandata in combattimento. Ma erano in 5 mila, su 40 mila volontari ebrei che combatterono nell’esercito inglese in Italia.”

     

    Fra cui suo padre…

    “Sì, mio padre Arie Schek era nato in Polonia, era stato convinto da Jabotinski ed era riuscito a immigrare clandestinamente nell’insediamento ebraico del Mandato Britannico. Quando fu possibile si arruolò nell’esercito inglese e fece tutta la guerra per la liberazione dell’Italia. Sbarcò a Salerno, partecipò alla battaglia di Montecassino, ritornò in mare per lo sbarco di Anzio. Nella fotografia che le ho dato lo si vede vicino a Bologna. Faceva parte dei RASC, i reparti che trasportavano uomini e mezzi in prima linea. Lo stemma sul suo camion rappresenta la stella di Davide e all’interno un orologio, perché il loro vanto erano puntualità e rapidità. Io conservo ancore le sue medaglie, le immagini, il lasciapassare di mia madre, che conobbe a Milano dopo la liberazione e che lo seguì in Israele.”

     

    Non erano forze d’attacco…

    “No, gli inglesi cercarono nei limiti del possibile di non addestrare i volontari ebrei al combattimento. Il che non significa che non rischiassero, anzi, e che non si battessero, ma che lo facevano per autodifesa, non all’attacco. Si preoccupavano del futuro esercito ebraico in Israele. Ma sbagliavano di grosso, perché i compiti tecnici cui erano prevalentemente utilizzati i volontari ebrei sarebbero stati importantissimi per la Haganà, l’esercito del nuovo stato di Israele. Dove mio padre, finita la guerra, si arruolò e combatté nel ‘48.”

     

    Ma prima quei camion prima servirono a trasportare molti sopravvissuti del nazismo verso Israele. 

    “Sì, le compagnie ebraiche entrarono a Roma e a Milano fra i primi reparti alleati, contribuirono alla rinascita delle comunità. e soprattutto fecero la spola fra Milano, Tarvisio e i porti di imbarco, dove si trovavano le navi dell’alyà bet, l’immigrazione clandestina. Erano trasporti illegali, naturalmente. Ma facevano conto sulla loro divisa e sul fatto che molti ufficiali americani erano ebrei e se potevano chiudevano un occhio. E anche tutt’e due.”

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