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    L’ESPERIMENTO MILGRAM E LA COLPEVOLEZZA DEI NAZISTI

    Con il termine “caccia ai nazisti” si intende l’operazione, intrapresa dalla fine della seconda guerra mondiale, di individuazione degli ex-nazisti allo scopo di condannarli per i crimini di guerra commessi. Il primo storico processo fu quello di Norimberga, che condannò solo undici delle migliaia di responsabili delle atrocità della Shoah, seguito più tardi da quello ad Eichmann, avvenuto in Israele di fronte ai sopravvissuti dei campi di sterminio: la vittima che giudica il carnefice. Numerosi casi hanno poi scosso il mondo, e tutt’oggi questa missione di giustizia persevera nella coscienza di molti avvocati, giuristi, giornalisti che pretendono la verità nonostante i molti anni dalla fine della guerra. In tutti i processi, però, la difesa dei criminali è sempre stata basata su una semplice, meschina, frase: “Abbiamo solo eseguito gli ordini”. A lungo si è dibattuto sull’utilizzo di queste parole, che hanno dato modo di giustificare il male a milioni di sostenitori di quelle idee; comunque parole vuote, perché non sufficienti a scagionare gli orrori commessi col libero arbitrio. Oltre alla giurisdizione, anche la sociologia è corsa in aiuto per dimostrare l’intenzionalità di tali azioni come frutto di scelte individuali sostenute dalla assoluta fiducia in un individuo a cui si attribuisce autorità e fiducia, il concetto di “obbedienza” scientificamente provato ne “L’esperimento di Milgram”. Fu un esperimento sociologico condotto, nel 1961, dallo psicologo statunitense Stanley Milgram, volto a studiare il rapporto tra individuo e gli ordini impartiti da un’autorità, nel momento in cui questi entrano in conflitto con la morale.

    SPIEGAZIONE DEL TEST

    Milgram invitò a partecipare all’esperimento 40 uomini, di età compresa fra i 20 ed i 50 anni, di diversa estrazione sociale, così da garantire una diversificazione quanto più concreta possibile. A coadiuvarlo anonimamente, un suo complice che si fingeva uno dei tanti partecipanti. Completato il “casting”, si procedeva in questo modo:

    1) Gli invitati entravano uno alla volta all’interno di una stanza, insieme allo scienziato e al complice (di cui tutti ignoravano il ruolo, credendo fosse un partecipante).

    2) L’esaminatore tirava a sorte, una sorte truccata, la scelta di due ruoli da incaricare ai due presenti: ogni invitato ricopriva sempre il ruolo di “insegnante” mentre l’altro, il complice, quella di “allievo”.

    3) L’invitato veniva posto di fronte ad un pannello elettrico con dei bottoni in sequenza che indicavano un crescendo di voltaggio elettrico, i cui fili erano collegati al corpo del complice.

    4) L’esaminatore spiega l’esperimento: “l’allievo” – dunque il complice – avrebbe dovuto ricordare una serie di parole in sequenza, e ad ogni sbaglio avrebbe subito un crescendo di scosse elettriche da parte dell’invitato (che, ribadiamo, fosse ignaro di tutto). Non vi era una vera corrente che scorreva, l’invitato avrebbe creduto di impartirla realmente mentre il complice avrebbe finto di essere in preda alle continue dosi di elettricità.

    5) Inizia l’esperimento e il teatro prende piede facendo abboccare l’invitato. L’attore comincia a sbagliare le parole, e di conseguenza a subire le scosse elettriche da parte dell’invitato, che crede siano vere.

    Col procedere dell’esperimento, nonostante l’attore recitasse bene la propria parte urlando di dolore, disperandosi e chiedendo pietà, l’invitato perseverava la sua condotta indifferente continuando ad infliggere corrente elettrica finché questo, stremato, moriva (anzi, fingeva di morire). Solo alla fine del test, quindi con il fittizio decesso dell’attore, veniva svelata la verità all’invitato.

    Nonostante il dolore udibile, osservabile, gli esaminati procedevano con le loro crudeli gesta perché incoraggiati dalle parole dell’esaminatore (“non devi fermarti”, “fallo per l’esperimento” etc.) e perché vedevano in lui, in quel camice bianco, l’autorità, la scienza ed il rigore, senza curarsi di essere degli esseri umani in grado di provare empatia. È la morte emotiva dell’individuo, l’apatia più totale causata dalla presenza di un potere forte a cui obbedire, senza obbligo di farlo, solo perché rilevante all’interno della società. A fronte dei 40 invitati, solamente una piccola percentuale di essi si rifiutò di proseguire l’esperimento osservando il dolore, ben recitato, negli occhi della vittima – attore.

    L’esperimento di Milgram dimostrò che le gesta criminali dei nazisti furono interamente intenzionali e non soggiogate ad obblighi imposti dall’alto, bensì dalla convinzione (e ribadiamo, non dall’obbligo) che le loro azioni fossero realmente valide, anche perché sostenute dalla propaganda che viene rappresentata nell’esperimento dagli incoraggiamenti dell’esaminatore. L’individuo è in grado di conferire tutto sé stesso, a costo di perde l’umanità, ad un soggetto anonimo e sconosciuto solo perché gode di autorità politica, scientifica o di altro genere.

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