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    Il ritorno a casa dopo Auschwitz. Un dramma poco conosciuto

    Martedì sera per la vigilia del Giorno della Memoria, l’Assessorato alla Culture e all’Archivio Storico della Comunità Ebraica, ha organizzato la videoconferenza “Dopo Auschwitz. Il ritorno a casa dei sopravvissuti e l’elaborazione della Memoria”. L’evento è stato fatto con l’intento di parlare di una parte della storia dei sopravvissuti alla Shoah, ancora poco conosciuta, quella del loro ritorno dai campi di sterminio. Proprio su questo si è soffermato l’Assessore alla Memoria Massimo Finzi nei saluti, il quale ha espresso il proprio apprezzamento per questo evento che “colma una lacuna storica, ovvero quella del ritorno dai campi di sterminio”.

    Moderato dal Direttore del Dipartimento Beni e Attività Culturali della CER, Claudio Procaccia, l’incontro ha visto come ospiti d’onore Elisa Guida, che ha pubblicato un libro sul tema, e il professor David Meghnagi, psicanalista, storico della Shoah nonché Assessore alla Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

    “Parlare del ritorno apre nodi problematici: perché il viaggio verso casa non è solamente un viaggio da un luogo ad un altro, ma anche da uno stato all’altro del sopravvissuto”, così esordisce Elisa Guida soffermandosi su quale fu la situazione dei sopravvissuti nel momento del ritorno a casa. Come scoperto dalla storica, l’unico paese in Europa che non fece nulla per riprendere le persone deportate, fu proprio l’Italia. Il rimpatrio non fu semplice, infatti avvenne solamente per piccoli gruppi. In Italia infatti, spiega Elisa Guida, “gli ebrei non esistevano come categoria, non tornarono in Italia in quanto ebrei, perché non c’era un rimpatrio come reduce per discriminazione razziale.” Ma come spiega sempre la storica, il rimpatrio “è una fase che lega due guerre”, la Seconda Guerra Mondiale e una guerra all’interno di loro stessi. “Una guerra intima, subdola, privata, fatta di incubi”. Ma come ricordò anche lo stesso Piero Terracina ad Elisa Guida, il momento della liberazione è distante dalla riconquista della libertà.

    A prendere la parola dopo la storica, è stato il professor Meghnagi, il quale si è soffermato su come sia avvenuta la ricostruzione della comunità romana, completamente distrutta dalla Shoah. Come ha potuto riscontrare lo stesso Meghnagi, “esistenza di un buco nero all’interno delle persone”.

    “Gli ebrei hanno sviluppato una resilienza di fronte al dolore, trasformandolo in speranza. Ma la Shoah era qualcosa di diverso” ha spiegato il professore, la Shoah è un lutto collettivo, e in quest’ultimo “l’anima è spezzata completamente”.

    “Con chi possiamo dividere il dolore, se il dolore non è accettato dal mondo?” si è domandato Meghnagi, nella sua riflessione su come sia avvenuta la ricostruzione, affermando inoltre proprio la nascita dello Stato d’Israele ha in qualche modo permesso di alleggerire questo lutto. Mentre il processo ad Eichmann ha segnato uno spartiacque nella testimonianza dei sopravvissuti, prima raccontata solamente attraverso le opere di personaggi come Primo Levi ed Eli Wiesel.

    La videoconferenza si è concluse con le domande dal pubblico sulle tematiche affrontate dai due esperti.

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