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    Tenere lontano l’Iran dai suoi confini è la strategia di Israele

    A metà della settimana scorsa Israele ha compiuto la sua incursione più massiccia da anni contro la rete di armamento iraniana in Siria, distruggendo diversi siti al confine con l’Iraq, in cui erano depositate o si fabbricavano armi avanzate per Hezbollah e, a quanto pare, erano  accumulati anche materiali necessari al progetto di armamento atomico iraniano. E’ un’altra tappa di una vera e propria guerra aerea di attrito, con cui lo Stato ebraico si impegna da anni per fronteggiare l’avvicinamento ai suoi confini dell’esercito iraniano, premessa strategica per un attacco genocida mille volte annunciato. L’aspetto che colpisce di più è che queste numerose incursioni aeree si spingono in profondità nel territorio della Siria, ma non incontrano resistenza efficace né dall’esercito siriano (e si capisce, distrutto com’è dalla guerra civile), né da quello iraniano, nonostante le continue fanfaronate degli ayatollah. Evidentemente la disparità di mezzi e preparazione è tale che l’Iran non è in grado di difendere le proprie postazioni ma può solo progettare come rappresaglia qualche attacco di sorpresa o di terrorismo – e Israele ne è consapevole e si guarda le spalle meglio che può. Sorprende ancor di più che la Russia, alleata di Siria e Iran e ben presente su quel teatro, non provi a fermare Israele. Ogni tanto un ambasciatore russo intona una ramanzina, o un generale fa minacce generiche. Ma in pratica i russi si guardano bene dal provare a sparare coi loro S400 e S500, pur vantati come la migliore antiaerea del mondo, contro gli aerei israeliani. Molti analisti si interrogano su questa inazione. Una spiegazione tecnica è che forse pure queste armi sono in difficoltà di fronte ai sofisticati F35 Adir israeliani: anche se ne abbattessero qualcuno, riceverebbero una risposta devastante, che non farebbe bene al morale e al commercio militare russo. La seconda risposta è che, a differenza dell’Urss, la Russia non ha con gli ayatollah un’alleanza ideologica ma solo pragmatica. E’ disposta ad armarli, ad aiutarli a controllare la Siria in cambio di basi aeree e navali, ma non vuole farsi coinvolgere in una guerra contro Israele, incerta e da cui non ha nulla da guadagnare. E dunque ha fatto con Israele un accordo di non aggressione, come peraltro ne ha stretto uno con la Turchia. Per il momento Israele continua a difendersi, e nel tempo della difficile transizione americana manda all’Iran, alla Russia, ai suoi alleati in Medio Oriente e anche a Biden un messaggio molto preciso: che intende continuare a farlo.

     

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