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    40 anni fa il Trattato di pace Israele-Egitto

    Quarant’anni
    fa, il 26 marzo 1979, a Washington venne firmato il Trattato di pace
    israelo-egiziano, ponendo fine un lungo conflitto tra i due paesi e segnando il
    primo riconoscimento di Israele da parte di uno stato arabo. Protagonisti di
    questo processo di pace, mediato dal presidente statunitense Jimmy Carter,
    furono il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il premier israeliano Menachen
    Begin. La firma del trattato – considerato una pietra miliare delle speranze di
    riconciliazione in Medio Oriente – fu il punto di arrivo di una lunga
    mediazione degli Usa nella sede di Camp David, dove il 17 settembre 1978 gli
    stessi protagonisti raggiunsero una prima intesa dopo 12 giorni di negoziati
    segreti, aprendo la strada allo storico accordo del 26 marzo. Gia’ a Camp David
    le parti avevano concordato ‘Un quadro per Pace in Medio Oriente’ e un altro
    per la ‘Conclusione di un Trattato di pace tra Egitto e Israele’, per
    reimpostare le relazioni bilaterali dopo un ciclo trentennale di conflitti. A
    Camp David venne deciso in particolare il futuro della penisola del Sinai:
    Israele aveva accettato di ritirare le sue forze armate dalla penisola ed
    evacuare i suoi 4500 abitanti civili, ottenendo in cambio la normalizzazione
    delle relazioni diplomatiche col vicino, la garanzia della liberta’ di
    passaggio attraverso il Canale di Suez e altri corsi d’acqua nella zona, tra
    cui lo Stretto di Tiran, e una restrizione delle forze che l’Egitto avrebbe
    dispiegato nel Sinai, ad un limite di 20-40 chilometri da Israele. Anche
    Israele avrebbe mantenuto le proprie forze a 3 chilometri dal confine egiziano,
    garantendo anche il libero passaggio tra Egitto e Giordania. Questa fu la base
    sulla quale il successivo Trattato di Washington venne firmato alla Casa Bianca
    sei mesi dopo.

    Tra gli
    altri avvenimenti che innescarono una dinamica di pacificazione tra i due paesi
    rientra la visita a sorpresa del presidente al-Sadat a Gerusalemme nel 1977 –
    primo leader arabo a recarsi in Israele, scandalizzando gran parte del mondo
    arabo – contraccambiata due mesi dopo da quella del premier israeliano Begin a
    Ismailia. Elementi principali del Trattato di pace israelo-egiziano sono il
    riconoscimento reciproco dei due paesi, la fine dello stato di guerra che
    vigeva dal 1948 e – come anticipato a Camp David – il ritiro militare
    israeliano dalle penisola del Sinai – occupata dallo Stato ebraico dal 1967 –
    accompagnato dalla restituzione di impianti civili come quelli di Yamit e Taba.
    Il Trattato assicura anche la libera circolazione delle navi israeliane
    attraverso il Canale di Suez e il riconoscimento degli Stretti di Tiran e del
    Golfo di Aqaba quali vie marittime internazionali; la loro transitabilita’ era
    stata invocata come ‘casus belli’ della guerra dei Sei Giorni combattuta nel
    1967 tra Israele, Egitto, Siria e Giordania. Inoltre prevedeva una
    smilitarizzazione parziale del Sinai da parte dell’Egitto, tenuto a chiedere il
    consenso d’Israele per qualsiasi invio di armamento pesante o di contingenti
    straordinari di soldati. Nel corso di varie fasi Israele si ritiro’ dalla
    penisola del Sinai, restituendo all’Egitto l’intera area nel 1983. Dal canto
    loro gli Usa si impegnarono a versare ai governi di Israele ed Egitto diversi
    miliardi di dollari di contributi annuali, indicati come sovvenzioni e aiuti
    per l’acquisto di vario materiale. Cosi’ dal 1979 al 1997 l’Egitto ha ricevuto
    circa 1,3 miliardi di dollari l’anno, in parte per modernizzare l’esercito,
    mentre ad Israele sono andati 3 miliardi l’anno, dal 1985 in sovvenzioni e aiuti
    militari.

    Oltre alla
    demilitarizzazione del Sinai, il Trattato di Washington prevedeva la
    sorveglianza della penisola da parte di una forza multinazionale, che avrebbe
    dovuto garantire il rispetto delle clausole del trattato da parte degli Stati
    contraenti. Le Nazioni Unite fallirono nel mettere a disposizione una forza di
    pace e un gruppo di osservatori a causa di divergenze in seno al Consiglio di
    Sicurezza. Un impegno preso dal presidente Usa Jimmy Carter che riusci’ a
    costituire una forza alternativa a quella dei caschi blu: la Forza
    Multinazionale e Osservatori (MFO) che nacque ufficialmente nell’agosto 1981,
    finanziata dalle tre nazioni firmatarie e poi anche da ‘donatori’.

    Alla MFO,
    dislocata nel Sinai dal 25 aprile 1982, contribuiscono 12 paesi, tra cui
    l’Italia. Dal ritiro di Israele dall’instabile penisola del Sinai, la forza di
    pace multinazionale svolge compiti di vigilanza e di controllo su un’area
    chiamata convenzionalmente ” Zona Charlie” – a ridosso del confine
    Israeliano e lungo la costa orientale del Sinai, dal Mediterraneo al Golfo di
    Aqaba – con al suo interno piu’ di 30 siti di osservazione. Gli esperti di
    geopolitica medio-orientale hanno evidenziato che il processo di pace
    israelo-palestinese e’ fortemente dipeso dalla volonta’ di due uomini. Da una
    parte il premier israeliano Begin, leader storico della destra nazionalista e
    oppositore strenuo, fino a pochissimo tempo prima, di qualsiasi ipotesi di
    restituzione del Sinai occupato all’Egitto. Dall’altra il presidente egiziano
    al-Sadat, che per le sue scelte venne bollato come traditore della causa palestinese,
    in particolar modo tra i fondamentalisti islamici, risultando impopolare per
    molti governi arabi che consideravano gli accordi firmati una dimostrazione di
    debolezza da parte dell’Egitto.

     La firma degli accordi
    di Camp David e’ valsa ai due leader l’assegnazione del premio Nobel per la
    Pace nel 1978, per il loro contributo agli accordi di pace in Medio Oriente e
    tra Egitto ed Israele. Invece la loro firma segno’ il deteriorarsi
    irrimediabile dei rapporto dell’Egitto con gli altri paesi della regione: i
    governi arabi piu’ oltranzisti riuniti nel cosiddetto Fronte del rifiuto –
    Siria, Libia, Iraq, Algeria, Yemen del Sud e OLP – isolarono l’Egitto e
    favorendone l’espulsione dalla Lega araba nel 1979. Da li’ a poco lo stesso
    presidente al-Sadat pago’ con la vita la sua scelta politica: il 6 ottobre 1981
    al Cairo durante una parata militare che ricordava l’inizio della guerra del
    Kippur, venne assassinato da un esponente dell’organizzazione terroristica di
    stampo fondamentalista della Jihad islamica egiziana per punirlo per la pace
    stipulata con Israele. Nonostante lo scetticismo iniziale di molti analisti,
    che definivano i trattati del 1978-1979 “una pace fredda”, gli
    accordi hanno retto nonostante alti e bassi e qualche richiamo di ambasciatori,
    diventando l’architrave di comuni “interessi strategici di sicurezza”
    tra Israele ed Egitto. 

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