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    Skin. La storia di Bryon Widner naziskin pentito: nei cinema ad aprile

    Bryon
    Widner ha letteralmente cancellato, con oltre seicento dolorose sedute laser,
    l’odio dalla sua faccia. Ovvero i tanti tatuaggi naziskin che mostravano la sua
    indiscussa fede di suprematista bianco, razzista, ultraviolento e appartenete ad
    uno dei gruppi più fanatici americano, il Vinlander Social Club Skinhead Gang.

    La sua storia è stata ora
    raccontata in un film, Skin, film del regista israeliano Guy
    Nattiv che ricostruisce la decisione di quest’uomo che a un certo punto, nel
    2006 in Alabama, decide per amore di cambiare.

    Il film, che sarà nelle sale
    italiane ad aprile distribuito da Sun Film Group, ha come protagonista, oltre
    allo straordinario Jamie Bell che recita sempre con una faccia coperta di
    tatuaggi, quella provincia americana, davvero povera, dove non c’è nulla. E
    Bryon vive per lunghi 16 anni in questo nulla tra birre, droga, pestaggi, prove
    di coraggio e odio per tutti quelli che non sono bianchi. L’incontro con Julie
    (Danielle Macdonald), una giovane donna madre di tre figlie e sovrappeso,
    cambierà lentamente le cose. Bryon capisce che è tempo di cambiare vita, di
    mettere su famiglia. Una cosa certo non facile per l’uomo che viene visto dalla
    sua banda di naziskin come un traditore, uno da perseguitare. Aiutato da un
    attivista di colore, Bryon dopo alcune fughe e cambi di città, alla fine ce la
    fa, ma solo dopo essersi sottoposto ad un lungo e doloroso percorso per
    rimuovere i suoi tatuaggi, tra cui una svastica sulla mano. Un percorso durato
    ben due anni e costato tantissimo (il conto per la loro rimozione è stato
    saldato dal Southern Poverty Law Center, movimento per i diritti civili
    dell’Alabama). “Sono cresciuto in Israele – dice
    il regista – ascoltando le storie di mio nonno sull’Olocausto, il Nazismo e
    tutto quello che aveva passato. Mi ha molto toccato vedere qualcuno che è
    riuscito a venirne fuori trovando una via di uscita attraverso un percorso diverso”.
    Widner, infine, in una intervista ricorda come pensando a quegli anni ha paura
    dell’uomo che era: “Se posso impedire a un solo bambino di fare lo stesso
    mio errore, se riesco a salvare una sola famiglia ed evitare che passi
    attraverso lo stesso mio inferno, allora forse posso perdonarmi”.

     

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