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    Commento alla Torà. Parashà di Mikètz: cosa commemorano i lumi di Chanuccà?

    Nel Talmud babilonese (Shabbàt, 21b) è scritto: “Qual è [la ragione di] Chanuccà? E i maestri risposero: il
    venticinquesimo giorno di Kislèv [iniziano]
    i giorni di Chanuccà. Sono otto giorni
    nei quali sono proibiti digiuni e lamenti per i morti. Questo perché quando i
    Greci entrarono nel Bet Ha-Mikdàsh
    (il santuario di Gerusalemme), contaminarono tutti gli oli ivi contenuti e
    quando gli Asmonei prevalsero e li sconfissero, trovarono solo un contenitore
    di olio che giaceva con il sigillo del Kohen
    Gadol (il sommo sacerdote), ma che conteneva una quantità sufficiente per
    illuminare solo per un giorno; eppure avvenne un miracolo e la menorà (la lampada a sette braccia)
    rimase accesa per otto giorni. L’anno seguente questi [giorni] furono
    dichiarati festivi con la recitazione del
    Hallèl (salmi di lode)”.

                    R. Ya’akov Yosef di Polnoye (Ucraina,
    1710?-1783 o 1784), che fu il principale discepolo del Ba’al Shem Tov, nella
    sua opera Toledòt Ya’akov Yosèf al
    commento della parashà di Mikètz, chiede per quale motivo nel
    trattato Menachòt del Talmud
    babilonese è scritto che nel Bet
    Ha-Mikdàsh bisognava mettere nei lumi della menorà la misura di
    mezzo log di olio per far sì che la menorà potesse
    rimanere accesa dalla sera alla mattina durante le notti più lunghe dell’anno
    nel mese di Tevèt. Se così, afferma R. Ya’kov Yosef, di Chanuccà, che va dal 25 del mese precedente di Kislev fino al
    secondo giorno del mese di Tevèt, ci
    sarebbero stati dei giorni nei quali sarebbe avanzato dell’olio. Pertanto non
    vi fu nessun miracolo dei lumi nel primo giorno e il miracolo avvenne solo nei
    giorni successivi con quello che avanzò nel primo giorno. R. Ya’akov Yosef
    spiega che per via dell’errore insito nel calendario giuliano usato dai
    maestri, durante il periodo degli Asmonei le notti più lunghe erano nel mese di
    Kislèv, mentre nel periodo talmudico,
    circa 500 anni dopo, le notti più lunghe erano nel successivo mese di Tevèt.

                     R. Yosef Shalom Eliyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divrè Aggadà (p. 461), a proposito dell’ordine
    con cui si accendono i lumi, cita una disputa nel Talmud (Shabbàt, 21b) tra la scuola di Shammai e la scuola di Hillel. La
    scuola di Shammai sosteneva che nel primo giorno di Chanuccà di devono accendere otto lumi e poi, nei giorni
    successivi, calare fino ad accenderne uno solo l’ottavo giorno. La scuola di
    Hillel sosteneva che bisognava iniziare con un lume e terminare con otto lumi.
    Il motivo della scuola di Shammai era che vi era un parallelismo tra i lumi di Chanuccà e i tori che venivano
    sacrificati durante la festa di Succòt.
    A Succòt si iniziava il primo giorno
    con il sacrificio di tredici tori e si calava di giorno in giorno terminando il
    settimo giorno con il sacrificio di soli sette tori. Il motivo della scuola di
    Hillel è che nelle cose sacre si aumenta e non si diminuisce. Rav Elyashiv
    commenta che secondo la scuola di Shammai i lumi vengono accesi in ricordo alla
    vittoria “esterna”, nella guerra, perché in questo modo fu rafforzata
    l’autorità del Kohel Gadol e di
    conseguenza si arrivò alla vittoria “interna”, quella spirituale. Pertanto la
    felicità la si sente dal primo momento e si inizia accendendo otto lumi per
    commemorare la vittoria contro le nazioni che sono paragonate ai tori della
    festa di Succòt. La scuola di Hillel
    invece sosteneva che il motivo principale per la festa era la vittoria
    “interna”, cioè la purificazione dall’impurità della Grecia. E quindi nelle
    cose spirituali bisogna sempre crescere.

                    R. Shimshòn Nachmani (Modena,
    1706-1778, Reggio Emilia) in Zera’
    Shimshòn (p. 207) commenta che il motivo per l’accensione del lumi di Chanuccà non è solo di pubblicizzare il miracolo
    dell’olio. L’accensione dei lumi è un’allusione alla grande salvezza che venne
    ad Israele dai suoi nemici. Nel Midràsh (Bereshìt Rabbà, 2:4) riguardo al
    versetto “E vi era oscurità sulla faccia dell’abisso” (Bereshìt, 1:2), i maestri dicono che è un’allusione alla Grecia
    “che oscurò gli occhi di Israele con le sue persecuzioni”. I greci cercarono di
    eliminare da Israele alcune delle le principali mitzvòt come l’osservanza dello Shabbàt,
    la determinazione dei capi mese e la milà
    (circoncisione). Inoltre volevano che si incidesse sulle corna dei tori la
    frase “non abbiamo parte nel Dio d’Israele”. Pertanto la salvezza della
    vittoria sui greci fece sì che Israele passò dall’oscurità alla luce. Questo è
    il motivo per cui avvenne il miracolo dei lumi: in questo modo essi furono in
    grado di accendere la menorà. E questo
    è il motivo per cui si pubblicizza il miracolo principale della vittoria contro
    i greci accendendo i lumi di Chanuccà. 

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