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    Tel Aviv: statua capitano Dreyfuss contro l’antisemitismo

    Una statua del capitano Alfred  Dreyfuss – l’ufficiale francese ebreo
    ingiustamente accusato e condannato per spionaggio alla fine del 19mo secolo in
    Francia e diventato simbolo del pregiudizio antisemita – è stata inaugurata nei
    giorni scorsi in una delle vie centrali di Tel Aviv.

    Alla cerimonia hanno preso parte i discendenti di Dreyfuss,
    il sindaco della città Ron Huldai e quello di Parigi Anne Hidalgo. La statua,
    offerta dal comune della capitale francese, sorge in Via Ahad Haam ed è una
    copia di quella realizzata nel 1994 a Parigi da Louis Mitelberg. “Questa
    statua – ha scritto su twitter Hidalgo – simbolizza la lotta contro
    l’antisemitismo: una battaglia comune alle nostre due città. Io, che sono
    sindaco di una città che non sarebbe la stessa senza la sua comunità ebraica,
    lo prometto solennemente: non cederemo, non cederemo mai”.

    Complessa e drammatica fu la storia del capitano Alfred
    Dreyfus. Nel 1894, dopo appena due mesi di indagine e tre giorni di processo,
    venne condannato all’unanimità «alla deportazione perpetua in un recinto
    fortificato, destituzione del grado e dell’impiego, degradazione» e trasferito
    all’Isola del Diavolo nella lontana Guayana. L’accusa, basata su prove false e
    precostituite, era quella di aver passato informazioni segrete all’ambasciata
    tedesca a Parigi. In realtà la vera colpa di Dreyfus era quella di essere ebreo
    ed alsaziano, elementi che lo rendevano, agli occhi dell’opinone pubblica, il
    perfetto colpevole, il traditore per eccellenza. Non bastarono le campagne in
    difesa di Dreyfus, non fu sufficiente dimostrare che il documento autografo che
    lo accusava non era stato scritto da lui, non bastarono le testimonianze che
    sostenevano che in realtà si trattasse di un complotto ordito da alti
    ufficiali, la colpevolezza di Dreyfus doveva essere accettatta
    incontestabilmente.

    Il processo e la degradazione del capitano Dreyfus avvennero
    in una crescente rabbia popolare che si manifestò al grido di: «A morte, a
    morte», «Vigliacco, giuda, sporco ebreo», «A morte gli ebrei». Un sospettato,
    ebreo e alsaziano, era un simbolo troppo forte che metteva in secondo piano la
    sua possibile innocenza, era il perfetto colpevole che rappresentava la
    minaccia all’identità francese, che dimostrava che il métissage razziale era un
    pericolo serio per l’intera nazione. Questo genere di idee, accompagnate da
    articoli di fuoco di molta stampa francese contro gli ebrei, scatenarono azioni
    di antisemitismo in tutta la Francia: furono presi di mira negozi di ebrei e
    sinagoghe a Parigi, Nantes, Bordeaux, Lione, Nancy, Versailles e in piccole
    località come Clermont-Ferrand, La Rochelle, Poiters e nei territori d’Algeria.

    L’Affaiare Dreyfus ebbe un eco internazionale incredibile.
    Coinvolse la vita politica e sociale francese per molti anni: iniziato nel 1894
    ebbe termine nel 1906, prima con la condanna dei colpevoli della macchinazione
    operata da alcuni ufficiali dello Stato Maggiore, fra cui la vera spia, il
    maggiore dell’esercito francese Charles Ferdinad Walsin Esterhazy; poi con le
    dimissioni del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito; poi, molto più tardi con
    la piena riabilitazione di Dreyfus e con una amnistia generale di tutti coloro
    che erano stati condannati per reati connessi all’Affaire, fra i quali lo
    scrittore Émile Zola (condannato per la sue celebre accusa pubblica del
    complotto con l’articolo J’Accuse) e il colonnello Georges Picquart.

    L’Affaire Dreyfus fu il catalizzatore di un odio antiebraico
    che covava all’interno della società francese e di cui non avevano
    consapevolezza nemmeno gli stessi ebrei francesi. A seguire tutto il dramma
    dell’Affare Dreyfus un giovane giornalista austriaco, Theodor Herzl, che prese
    intimamente coscienza che l’unica soluzione, l’unica risposta, che gli ebrei
    potevano dare al crescente antisemitismo che attraversava ormai tutte le piazze
    europee e che non risparmiava nemmeno gli ebrei assimilati come il capitano
    Dreyfus, era impegnarsi alla costituzione di un proprio stato nazionale dove
    essere pienamente se stessi. Da quell’esperienza drammatica di testimone di un’ingiustizia, Herzl trasse la convinzione e la forza per dare vita al Sionismo, movimento politico e sociale di
    ritorno degli ebrei nella loro Terra.

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