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    La pace con Israele è una presa d’atto della realtà. Lo capiscono tutti, meno che i palestinesi

    C’è un aspetto della recente politica mediorientale che non è stato sottolineato abbastanza dalla stampa e che invece è molto significativo. Dopo i recenti accordi fra Israele e gli Emirati (più il Malawi e il Ciad, più Serbia e Kossovo, ma queste sono altre storie) e le concessioni che sono venute da Bahrein e Arabia (il permesso di utilizzare lo spazio aereo, sempre negato a Israele, probabilmente come segnali di analoghi accordi futuri), insomma dopo i grandi progressi diplomatici di Israele sulla via della normalizzazione con realtà musulmane e anche arabe, non ci sono state manifestazioni di protesta. La mitica “piazza araba” non si è manifestata e neppure si sono fatti sentire i religiosi musulmani – con l’eccezione naturalmente di quelli legati a Turchia, Iran e ai loro satelliti come Hamas, Hezbollah, Siria, Houtis. Anche i sudditi dell’Autorità Palestinese non si sono mobilitati, nonostante le dichiarazioni di fuoco della loro burocrazia politica. E’ un dato molto significativo. Non che di improvviso, dopo mille e trecento anni di indottrinamento antiebraico dell’Islam, gli arabi si siano trovati a voler bene e a stimare gli ebrei. Molto più probabilmente sono stanchi di guerra, disposti a prendere atto della realtà dello Stato di Israele, come hanno dovuto prendere atto nella storia che la loro espansione è stata respinta in vari tempi nei Balcani, in India e (almeno fino a che non prevalesse l’invasione silenziosa in corso, in Europa). E’ un segnale forte, vuol dire che si intravvede finalmente la fine del conflitto arabo-israeliano, che è la vera guerra in corso in Medio Oriente. La pace vera nasce così, dall’accettazione dei fatti, dal commercio, dalla coesistenza, dagli interessi comuni, non dai grandi sentimenti. Di fronte a questo grande sviluppo, è forse caduto il potere di veto attribuito una volta dai paesi islamici e ora quasi solo dall’Europa ai “palestinesi”. Il cosiddetto “movimento palestinese” è stato solo un’arma diplomatica e militare in questa guerra, inventato dai servizi segreti sovietici e arabi. Ma come quel soldato che era già morto ma non lo sapeva, così i palestinisti continuano la loro “lotta” contro Israele, a Ramallah e a Gaza come a Bruxelles. Finché, speriamo, si accorgeranno dell’inutilità storica dei loro sforzi, del sangue versato, dei boicottaggi.

     

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