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    Edgardo Mortara: il bambino ebreo rapito dalla Chiesa, convertito a forza e poi diventato prete

    In una recente intervista a Repubblica, il regista Marco Bellocchio ha annunciato che sarà lui a girare il film sulla storia di Edgardo Mortara, il bambino ebreo che nel 1858 venne rapito e convertito forzatamente dal Papa Pio IX.

    L’idea di portare questa famosa storia sul grande schermo era stata originariamente partorita da Stephen Spielberg, che dopo circa 5 anni di ricerche e sopralluoghi in Italia per le location e il cast, ha deciso di abbandonare definitivamente il progetto, in quanto non è riuscito a mettere insieme un cast all’altezza.

    Sarà dunque il registra de Il Traditore a raccontare la storia di Edgardo Mortara in una versione prettamente italiana, basandosi principalmente sui documenti storici degli archivi e avvalendosi della collaborazione della storica Pina Todaro, per assicurarsi di ricostruire la storia nella maniera più accurata possibile.

    Il film non ripercorrerà tutti i 90 anni di vita di Edgardo Mortara, ma partirà dal suo rapimento fino alla Presa di Porta Pia, focalizzando l’attenzione sul mistero che gira intorno alla sua conversione.

    Poche le notizie intorno alla produzione del film; al momento è noto soltanto il titolo provvisorio, La Confessionee i nomi degli sceneggiatori: Stefano Massini Susanna Nicchiarelli e dei produttori: IBCmovie di Beppe Caschetto, Kavac Film con Rai Cinema.

    In attesa di ulteriori notizie circa il cast e le location, ripercorriamo la storia del caso Mortara.

    Edgardo Mortara nacque a Bologna il 27 Agosto del 1851 da una famiglia ebraica, ma fu segretamente battezzato dalla  domestica Anna Morisi che riteneva il piccolo in punto di morte, a causa di una malattia.

    Quando la notizia del battesimo venne alla luce, la Santa Inquisizione decretò che Edgardo appartenesse alla religione cattolica e che pertanto dovesse essere allevato come tale; secondo le leggi dello Stato Pontificio infatti, un bambino cattolico non poteva essere allevato da persone di fedi differenti, perciò il 23 giugno 1858, dopo il rifiuto da parte dei genitori di iscrivere Edgardo alla scuola cristiana fino all’età di 17 anni, in cui avrebbe potuto scegliere se tornare o meno alla religione ebraica, le autorità portarono via il bambino di appena 6 anni dalla casa dei suoi genitori, per poi trasferirlo a Roma, alla Casa dei Catecumeni, dove fu allevato dal Papa Pio IX.

    I genitori di Edgardo, Salomone Momolo Mortara e Marianna Padovani, tentarono in tutti i modi di riavere indietro il loro figlio:  fu loro concesso di fargli visita poche settimane dopo il suo rapimento, e in quell’occasione il bambino confessò alla madre di recitare ancora lo Shemà la sera, ma la Chiesa respinse ogni richiesta di restituzione del bambino alla propria famiglia.

    La notizia del rapimento fece grande scalpore in Italia e nel Regno di Sardegna, che vide nella vicenda una buona scusa per liberarsi dall’influenza dello Stato Pontificio.
    Le proteste si scatenarono anche da parte di importanti personalità europee e da personaggi dello stesso mondo cattolico, che denunciarono il Caso Mortara come una violazione dei diritti umani, volgendo la situazione politica a favore dei Savoia, a cui si stava aprendo l’opportunità di muovere guerra contro lo Stato Pontificio.

    Papa Pio IX respinse ogni protesta e ogni richiesta da parte dei genitori di Edgardo di restituirlo alla propria famiglia, difendendosi attraverso la formula Non Possumus, cioè “Non Possiamo”, basandosi sul fatto che sebbene la Chiesa non permettesse il battesimo dei bambini di famiglie non cattoliche, se non in caso di morte, il battesimo di Edgardo fosse valido a tutti gli effetti, pertanto era dovere del Pontefice garantirgli un’educazione cattolica: nei numerosi incontri con le delegazioni ebraiche, Edgardo  mostrava di aver ormai completamente abbracciato la nuova religione e di non curarsi delle opinioni esterne; il ragazzo era ormai entrato a far parte del noviziato dei Canonici Regolari Lateranensi e  persino dopo la Presa di Roma del 20 settembre 1870 e in seguito alla Breccia di Porta Pia, a cui aveva preso parte anche suo fratello Riccardo, rifiutò la richiesta dei genitori di tornare a casa, e per sviare alle richieste di abbandono della vita clericale, si trasferì nel Tirolo e poi in Francia dove divenne prete all’età di 23 anni.

    Suo padre morì un anno dopo la Presa di Roma; Edgardo tentò di riavvicinarsi alla madre e ai fratelli per convertirli ma non vi riuscì. La madre Marianna morì nel 1895.

    Fu inviato come missionario  a Monaco di Baviera, Magonza, Breslavia e nel 1897 negli Stati Uniti, con il compito di convertire gli ebrei con scarso successo.

    Trascorse gli ultimi anni della sua vita in un monastero a Liegi, dove morì l’11 marzo 1940.

    Il Caso Mortara resta ancora oggi uno degli episodi più eclatanti che coinvolgono la Chiesa cattolica e che suscitano polemiche: dopo 162 anni la vicenda è ancora irrisolta. Tante sono le domande sui motivi che hanno spinto Edgardo a non tornare dalla propria famiglia, ma a proseguire la sua formazione cristiana, “probabilmente a causa delle violenze e dei condizionamenti psicologici ricevuti durante la sua permanenza a Roma”, ha affermato una discendente della famiglia,  Elena Mortara in occasione della beatificazione di Pio IX nel 2000.

    A ridare nuova fama al caso è stato il libro Prigioniero del Papa Re, dello storico David Kertzer, da cui Spielberg avrebbe tratto ispirazione per il suo film.

    Il progetto di Bellocchio invece prevede una ricerca accurata e un utilizzo della documentazione fornita dagli archivi storici, per poter ricostruire al meglio la vicenda di Edgardo Mortara.

     

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