Nicola Ferrara, il 38enne radicalizzatore islamico arrestato a Milano “cercava di sensibilizzare non solo i più giovani ma anche le persone più fragili”. Lo ha spiegato il pm Alberto Nobili, coordinatore della Sezione antiterrorismo della procura di Milano, illustrando i dettagli dell’operazione denominata ‘Al Bidaya’ scattata nella notte nel capoluogo lombardo. Ferrara è un “soggetto pericolosissimo – ha sottolineato Nobili – che aveva come bersaglio principale della sua istigazione i giovani non inseriti, frustrati. Ha preso in mano la campagna nata ai tempi della disfatta del Califfato, dando indicazioni specifiche a questi giovani dicendo loro di combattere, ciascuno anche per conto proprio”. Il giovane, ha rimarcato ancora il pm, non ha costruito una rete ma seminava “odio feroce” contro gli ebrei e gli occidentali incitando i ragazzi e convincendoli della ‘bontà’ della dottrina coranica interpretata in modo estremo. Ferrara era inoltre un “collettore”. In casa gli investigatori hanno infatti trovato un notevole strumentario informatico. L’uomo era in contatto con numerosi terroristi e aveva contatti con persone arrestate per terrorismo. Per istigare i giovani, inoltre, diceva loro di “strappare le budella e sgozzare” i miscredenti. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Ferrara si era trasferito a Milano nel 2010 e dal 2015 aveva iniziato la sua attività di radicalizzatore. Il giovane era stato notato conversare dopo la preghiera fuori dall’associazione culturale Al Nur di via Carissimi, 19 (zona viale Zara), in abiti musulmani, con un elevato numero di giovani, anche minorenni. Fatto che ha subito suscitato l’attenzione da parte degli investigatori. Vero “camaleonte”, Ferrara se si sentiva controllato o pedinato, si cambiava d’abito, ‘camuffandosi’ con vestiti occidentali. La sua attività si concentrava prevalentemente sul web. Su Facebook gli investigatori hanno recuperato innumerevoli post, scritti dal 2015 a oggi. Mentre su SoundCloud aveva realizzato 3 playlist con oltre 80 preghiere islamiche. Gli elementi che caratterizzavano i post, ha evidenziato Nobili, non sono “semplici idealizzazioni della religione che abbraccia” ma c’è anche “un’attenzione al martirio oltre al simbolismo” come la bandiera dell’Isis che campeggia in moltissimi post, così come frasi gravi e inneggianti al martirio. “Con il suo arresto – ha sottolineato il pm Nobili – abbiamo eliminato una pedina che avrebbe potuto davvero fare del male qualora i suoi messaggi fossero stati raccolti anche solo da una persona”. (Fem/Adnkronos)