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    60 anni fa la cattura di Eichmann da parte del Mossad

    La sera dell’11 maggio del 1960 in Calle Garibaldi, quartiere di San Fernando, periferia di Buenos Aires, il ‘senor’ Ricardo Klement ritornò Herr Adolf Eichmann, responsabile tecnico della ‘Soluzione Finale’: la sua lunga fuga era finita. Mentre – complice il buio e il silenzio della zona deserta – lo caricavano di peso in una macchina poco lontano comprese subito chi lo aveva scovato. Nell’abitacolo c’erano agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, che aveva così portato a termine un’operazione destinata a diventare leggenda. In particolare due: Peter Malkin, un ebreo tedesco fuggito nel 1936 con la famiglia nell’allora Palestina inglese e il sabra Rafi Eitan, il capo della squadra. Nel cuore di quest’ultimo – come raccontò lui stesso anni dopo – erano risuonate le parole della Canzone dei Partigiani. Malkin aveva studiato per giorni la corretta accentazione delle parole ‘Un momentito senor’ con cui aveva abbordato Eichmann. Eppure non fosse stato per una serie di fortunate coincidenze e l’ostinazione di un gruppo di uomini, Eichmann, che all’epoca aveva 54 anni, forse sarebbe di nuovo rientrato nelle tenebre come avvenne per Josef Mengele, il ‘medico’ criminale di guerra di Auschwitz. Il destino finale di Eichmann – che nella Conferenza dei capi nazisti di Waansee del 1942 era stato nominato coordinatore e responsabile della macchina delle deportazioni, riuscendo a dileguarsi alla fine della guerra – era stato segnato da due uomini dalla memoria di ferro. Il primo era Lothar Hermann, un ebreo sopravvissuto alla Shoah e diventato cieco per le percosse delle SS la cui figlia – entrambi vivevano a poca distanza della casa dei Klement – del tutto causalmente stava frequentando il figlio di Eichmann. E questi si era presentato alla ragazza con il suo vero nome. Hermann c’aveva messo poco a mettere in connessione quel nome con quello del criminale di guerra più ricercato. Ma tutto sarebbe stato inutile se i suoi sospetti non fossero arrivati al procuratore tedesco Fritz Bauer, scappato in quanto ebreo dalla Germania nazista, e reintegrato nel suo posto. Fu Bauer ad informare il Mossad che, tuttavia, in un primo momento apparve piuttosto esitante, vista non solo l’incerta identificazione come le tante già avvenute in passato ma anche la complessità di un’operazione che si sarebbe svolta a migliaia di chilometri di distanza da Israele. Alla fine – e un ruolo non da poco lo svolse il premier Ben Gurion – il capo del Mossad Isser Harel decise che valeva la pena di provare. 

    A identificare senza ombra di dubbio Klement come Eichmann fu Zvi Haroni uno dei migliori uomini dei servizi israeliani. Da lì cominciò la caccia. Eichmann fu catturato, nascosto in un casa sicura per 9 giorni – mentre la polizia argentina e squadre di nazisti frugavano il paese – e il 20 maggio travestito da steward messo su un aereo della El Al e portato in Israele. Eichmann ebbe un regolare processo, nelle cui udienze i sopravvissuti testimoniarono in un indicibile dolore che rappresentava quello di un’intera nazione. L’Avvocato dello Stato Gideon Hausner nell’arringa ricordò che contro Eichmann c’erano 6 milioni di morti. Al termine del processo, ci fu la condanna a morte che avvenne il 1 giugno del 1962: l’unica civile mai eseguita ad oggi in Israele. Eichmann venne impiccato, il suo corpo cremato e le ceneri sparse sul Mediterraneo. (ANSA)

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