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    CORONAVIRUS: RABBINO DI SEGNI, ‘SOLI, AL LAVORO IN REMOTO RISCOPRIAMO VALORE NOSTRI RITI COLLETTIVI’

    “Se dopo il disastro delle vite ci sarà il disastro economico, non sappiamo quali scenari dovremo affrontare. La questione è importante e non solo dal punto di vista religioso. Ne va della tenuta sociale”. Lo afferma Riccardo Di Segni, 70 anni, dal 2001 rabbino capo di Roma in un’intervista al quotidiano ‘Il Corriere della Sera’. “Ho attraversato il ciclone Sars, nel 2003, il primo caso passò proprio dal mio reparto. Ma allora fu tutto molto limitato, finì presto. Ora invece… – prosegue Di Segni – Si possono trovare delle soluzioni, con grande attenzione e autodisciplina. Tutti dobbiamo rispettare le regole di salute pubblica. Dai settori produttivi ai trasporti, si sta parlando di come ricominciare tenendo conto delle misure di sicurezza e sanitarie. Non vedo perché non sia possibile con le pratiche religiose. Mi auguro che i tempi siano brevi ma soprattutto spero che al più presto precipiti la curva di infezioni e decessi”. “La pandemia è arrivata tra due feste molto importanti, Purim e poi Pesach, la Pasqua. Comportano doveri religiosi che si svolgono nella socialità, coinvolgono i bambini, grandi gruppi… È saltato un intero sistema. E questo fa capire una cosa importante – spiega Di Segni – Nel sistema ebraico, ad esempio, la preghiera è individuale e collettiva. Quella collettiva va fatta da almeno dieci persone, il ‘minian’, ovvero il quorum. E non si può raggiungere un quorum telematico, tanto più il sabato. Ecco: proprio questa apparente rigidità del sistema religioso serve a tutelare la socialità che rischiamo di perdere. Scopriamo la comodità delle telecomunicazioni e insieme si disgrega il sistema, il tessuto sociale. In una situazione simile, e con tutte le loro differenze, – conclude Di Segni – le organizzazioni religiose avranno ancora di più un ruolo di cemento della nazione”. (Giz-Cro/Adnkronos)

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