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    La storia di Purim e il processo di Norimberga

    Nel corso della storia del popolo ebraico, sono state molte le civiltà che hanno tentato di distruggerlo senza mai riuscire nell’intento. Gli ebrei hanno sempre dovuto difendersi e proteggere le proprie tradizioni, usi e costumi che tutt’oggi vivono e resistono. Perché? Perché nessun ebreo dimentica di ciò che gli ha fatto Amalèk, del male che gli è stato inflitto. Non a caso, nel calendario delle festività ebraiche viene rammentato come il Popolo d’Israele si sia salvato dall’Egitto e di come la sua sorte, a Purim, sia stata capovolta.

    La storia di Purim risale storicamente alla seconda metà del ‘400 a.C. durante il mandato del re “Achasverosh”, meglio conosciuto come “Assuero” o “Serse I”, il cui regno si estendeva per 127 paesi: dall’India in oriente fino all’Etiopia in occidente. Erano trascorsi settanta anni da quando i Babilonesi avevano demolito il Tempio di Gerusalemme e proprio in quell’anno, il terzo del mandato del Re di Persia, Assuero organizzò un banchetto per tutti i sudditi, compresi gli ebrei di Susa (allora capitale). Il banchetto di prelibatezze non kasher era stato motivo di discussione tra gli ebrei, ai quali Mordechai, esponente degli ebrei, aveva sconsigliato di andare. Tuttavia, per timore di alcune ritorsioni, gli ebrei si presentarono alla grande festa dove furono allestiti i teli bianchi, verdi, azzurri del distrutto Tempio di Gerusalemme e dove il Re si presentò con le vesti dei Coanìm, i sacerdoti. Il settimo giorno della festa, Assuero ordinò a sua moglie Vashtì di mostrare la sua bellezza presentandosi nuda davanti a tutto il regno. Questa rifiutò, ma non per motivi di vergogna o pudore, bensì perché affetta da una improvvisa lebbra, religiosamente attribuita al suo trattare male e far lavorare donne ebree di Shabbat durante i festeggiamenti. Il rifiuto dell’ordine fece infuriare il Re, che chiese consiglio sul da farsi ai saggi ed a coloro che “conoscevano le norme”, proprio gli ebrei. Consigliare la morte della moglie del Re li avrebbe fatti uccidere tutti, mentre il contrario li avrebbe fatti apparire come ostili alle decisioni del re. Così i saggi decisero di astenersi perché, fu questa la motivazione, la loro lucidità era venuta meno dalla distruzione del tempio. Fu in quel momento che prese parte alla vicenda Ammàn, un ministro del re, il quale fece notare che la disobbedienza della regina sarebbe stata monito per tutte le donne di ribellarsi ai mariti e che quindi andava uccisa. Inoltre, Amman convincerà Achasverosh a non consultare gli esperti prima di prendere delle decisioni. La sorte ruoterà, così che quando il Re deciderà di uccidere Ammàn, lo farà senza consultare gli esperti. Dopo la vicenda di Vashtì, il Re ordinò di trovare una nuova moglie. I suoi mandanti trovarono una ragazza di nome Ester, nipote di Mordechai, il quale le ordinò di mascherare la sua identità. Poco dopo, fu proprio Mordechai ad udire due ministri complottare contro il Re. La notizia venne fatta giungere ad Achasverosh che iscrisse Mordechai nel “Libro dei ricordi” come l’uomo che gli aveva salvato la vita. Accadde che Ammàn, ormai primo ministro del Re, usava girare per la Persia con l’immagine del suo idolo appesa al collo, al quale tutti dovevano inchinarsi. Tutti lo fecero, tranne Mordechai. Così Amman decise di vendicarsi e tirò a sorte un mese in cui poterlo fare: Adàr (mese di morte e nascita di Mosè). Fu decretato che il di 13 di Adar dell’anno successivo gli ebrei sarebbero stati uccisi.

    È bene chiarire che nella religione ebraica la sorte non è altro che la evidente mano di D.

    Allora Ester e il popolo digiunarono per tre giorni per chiedere la salvezza a D. (così è ancora uso fare, il “Ta’anit Ester” è il digiuno, della durata di un giorno, che gli ebrei seguono per ricordare la salvezza del popolo ebraico). Dopodiché, questa parlò col Re, lo convinse e venne smascherata la figura di Ammàn che venne ucciso insieme a tutti i suoi collaboratori proprio il 13 di Adar, nella data in cui questo aveva previsto di uccidere gli ebrei. “La forca che doveva essere usata per Mordechai, venne usata per Ammàn”.

    Così finisce la storia di chi bramò per uccidere il popolo d’Israele. Come detto inizialmente, la storia si è ripetuta più volte nel corso dei secoli e con modalità differenti. La più recente è la Shoah, che è tanto più vicina alla storia di Purim di quanto si possa credere. Durante il processo di Norimberga, dove furono portati a giudizio una quantità di nazisti microscopica rispetto al numero reale di colpevoli, Julius Streicher, alto dirigente del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori ed editore del settimanale antisemita “Der Stürmer”, prima di essere giustiziato pronunciò queste parole:” Saranno contenti gli ebrei: oggi è Purim 1946”. Parole che hanno destato una notevole attenzione nel mondo ebraico e sul cui significato hanno indagato i giornalisti Bernard Benyamin e Yohan Perez in collaborazione con alcuni rabbini. Il loro libro “La profezia dell’Olocausto: Il codice segreto di Ester” spiega quelle parole ed il nesso profetico tra Purim e la Shoah. Dopo che la regina Ester chiese la morte di Ammàn e dei suoi collaboratori, che erano i suoi dieci figli, il Re l’aveva invitata ad avanzare altre richieste che avrebbe potuto esaudire. Nonostante ciò, la regina aveva risposto “i figli di Haman venissero impiccati all’albero” (9,13). Perché ripeterlo di nuovo? Chi sono questi altri dieci figli di Ammàn? Chi sono e quando questo debba accadere è tutto scritto nella pergamena di Ester che si legge a Purim. Alcune lettere dei figli di Ammàn sono scritte in minuscolo rispetto a tutto il testo, questo ha quindi portato gli studiosi ad accorpare le lettere che, come sappiamo, hanno un valore numerico in ebraico. La “Tav”, ת, del nome Parshan, la Shin,ש , del nome Parmashta e la Zayin, ז, del nome Wayzata sono scritte con carattere più piccolo rispetto le altre lettere. Sommando i loro valori numerici (400+300+7) risulta il numero 707. Se si aggiunge il numero 5 in capo a tale cifra si forma “5707”, che corrisponde proprio all’anno 1946 del calendario gregoriano. Per aggiungere il numero 5 serve una motivazione, infatti la lettera Vav, ו, di Wayzata è scritta più grande delle altre lettere ed il suo valore numerico è 6. Questo numero indica il millennio nel quale avviene la vicenda e sappiamo che il sesto millennio corrisponde a tutti gli anni compresi nel 5000. Quindi, la vicenda accade nel sesto millennio, precisamente nel 5707 che corrisponde al 1946. Solo una questione rimane sospesa: Ammàn ed i suoi figli erano in tutto undici, mentre i condannati a Norimberga dodici. Tuttavia, solo undici vennero giustiziati perché Goering si uccise col cianuro poco prima dell’esecuzione.

     Così termina la storia di chi tentò di distruggere il popolo d’Israele.

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